Tre abitudini “perfezioniste” che ti stanno bloccando
Cosa c’entrano le abitudini con il perfezionismo? A mio parere tantissimo!
Se – per semplificare – l’abitudine è un comportamento ripetuto nel tempo con il risultato di permetterci di ottimizzare e velocizzare per “risparmiare” sulle risorse che altrimenti impiegheremmo per elaborare ogni volta in modo nuovo le informazioni – è proprio in questi comportamenti abituali che il perfezionismo fa sfoggio di sè.
Il perfezionismo infatti può intendersi come la consuetudine a pretendere la perfezione da noi stesse e dagli altri (a scapito della nostra felicità, aggiungerei!).
Esigere la perfezione significa andare ben al di là di quanto richiesto in realtà dal contesto (penso ad esempio a una mia cliente che ha vissuto il paradosso di sentirsi dire sul lavoro che dà troppo rispetto agli obiettivi stabiliti).
Vuol dire anche avere un atteggiamento iper critico dei propri riguardi, ma anche nei confronti degli altri (“Nessuno lo fa bene come lo faccio io!”).
E significa anche, ad esempio, avere l’abitudine di procrastinare finchè ciò che stiamo facendo non ci risulta perfetto, porci standard irrealizzabili, spaccare il capello in quattro in ogni situazione, cercare di prevedere ogni risvolto (anche l’imprevisto), iniziare ogni frase con devo/si deve/si dovrebbe/non si dovrebbe.
In questo articolo vediamo l’impatto che le abitudini perfezioniste hanno sulla tua vita, perchè prenderne consapevolezza è il primo passo per liberarsene!
1. Aspettative impossibili
“Ho sempre delle aspettative altissime verso me stessa e verso gli altri.” Michela
Se sei una perfezionista da manuale, idealmente tutto è fattibile e realizzabile, e se tutto è fattibile, allora chi sei tu per non ottenerlo? E chi sono gli altri per non dartelo?
Come ti sta bloccando questa abitudine
Avere aspettative altissime vuol dire esigere troppo da noi stesse e dagli altri qualcosa, sulla base di un “modello di perfezione” a cui tutto e tutti devono aderire.
Quando ciò che ti aspetti diventa la proiezione di come dovrebbe essere la realtà e di come dovrebbero andare le cose, quando questo si traduce in un occhio rigido e giudicante che definisce “giusto” ciò che aderisce perfettamente alle tue aspettative e “sbagliato” tutto ciò che invece non lo fa, rischi di ottenere frustrazione, che (ti) blocca in un vortice di stress e demotivazione.
Forse, nel tempo, ha sentito su di te la pressione delle richieste e di aspettative molto elevate, oppure hai colto dei messaggi che hai tradotto in convinzioni per cui ora sei certa che essere in competizione costante con te stessa o alzare il tiro rispetto alle pretese di risultato sia l’unica misura del tuo valore.
Ciò che conta, è capire come questa convinzione ti sta bloccando oggi, per agire con consapevolezza ogni volta che ti troverai a iniziare una frase con “Si dovrebbe/non si dovrebbe”
Per riconoscere questa abitudine, prova a chiederti:
“Quale ideale di perfezione sto proiettando in questa richiesta che sto facendo a me stessa e/o a chi mi circonda?”
2. Giocare al ribasso con te stessa
“Tendevo il più delle volte a sottovalutarmi, a colpevolizzarmi e a non ascoltare i miei bisogni più profondi.”
Marta
Giocare al ribasso con te stessa significa non solo sminuire te stessa e il valore di ciò che fai, ma anche osservare il bicchiere mezzo vuoto.
Appiattirsi verso ciò che non va e non funziona, smettere di sperare in un cambiamento e di avere fiducia in te stessa. Significa essere accondiscendente, tenere un basso profilo, dire sì quando invece vorresti dire no e viceversa (prova a pensare a quante volte hai detto no alle occasioni, anzichè dire sì!).
Come ti sta bloccando questa abitudine
Se questa abitudine da un lato può averti fatto sentire al sicuro (da fallimenti, rischi, delusioni, errori, valutazioni ecc) in realtà – nel lungo termine – ti ha portato a sacrificare la parte più vera e autentica di te.
Questo meccanismo al ribasso, infatti, ci porta ci porta ad allontanarci da noi stesse, tanto da arrivare a non avere più idea di chi siamo e di cosa vogliamo davvero. (Ne ho parlato nella newsletter di questo mese, iscriviti qui per riceverla e approfondire!).
Ed è così che ci sentiamo bloccate nelle scelte e nella direzione da seguire, tanto da sentire l’urgenza, a volte, di ricostruirsi e ritrovarsi, per poi ripartire.
Per riconoscere questa abitudine, prova a chiederti:
“Qual è il mio atteggiamento in questa situazione? Mi sto facendo condizionare dalla convinzione di non valere/meritare?”
3. Usare le critiche per motivarti
“Sii gentile con te stessa. Non è così grave.”
Brené Brown
Quante volte usiamo la critica con la convinzione di spronarci e di motivarci?
Quante volte adottiamo espressioni e toni molto duri e sprezzanti nei nostri confronti (automaticamente, senza nemmeno rendercene conto), certe che da quel momento saremo più produttive, più attente, più precise, ecc.?
La realtà dei fatti è che l’iper critica sfrenata e fine a se stessa è tutto fuorchè motivante: è causa di frustrazione e non può far altro che farci sentire ancora più inadeguate e incapaci, altro che spronarci!
Come ti sta bloccando questa abitudine
Per spiegarti come questa abitudine può bloccarci, ti faccio un esempio. Immagina un bambino che ha come compito quello di realizzare il disegno di un albero. Pensa poi di guardare quel disegno e, non apprenzandolo particolarmente, di riempire quel bambino di critiche sprezzanti, di rivolgerti a lui con frasi come “Ma possibile che tu non riesca a disegnare un semplice albero? Hai visto quanto sono belli i disegni degli altri? Certo che ci vuole un bel coraggio a presentare questo lavoro alla maestra!”.
Da uno a dieci, quanto pensi che si sentirebbe spronato a fare un disegno migliore, la volta successiva? O anche solo di tornare a disegnare?
Mi sembra di sentirti mentre esclami “Meno dieci!” e hai ragione!
Ho reso l’idea?
Per riconoscere questa abitudine, prova a chiederti:
“Se fossi un bambino e volessi spronarmi, cosa mi direi?”