Vivere con la sindrome dell’impostore
“Figurati, non ho fatto nulla di speciale.”
“Ho avuto solo fortuna!”
“Prima o poi scopriranno che non sono poi così in gamba.”
“Sicuramente mi hanno scelto perchè non c’era nessuno peggio di me…”
Ti riconosci in queste frasi? Quante volte te le sei ripetute di fronte a un successo, a un traguardo o anche solo ricevendo un complimento?
Credo che non sia ci donna sulla faccia della terra che non si sia detta queste frasi almeno una volta, anzi, sembra proprio che la Sindrome dell’impostore si affezioni particolarmente al genere femminile, sempre così convinto di non valere abbastanza, di aver ingannato tutti e che prima o poi gli altri se ne accorgeranno.
Quando pensiamo di non meritare la stima degli altri, nè lo status in cui ci troviamo, viviamo nella profonda paura che tutta la nostra inadeguatezza prima o poi sarà svelata.
Soffrire di sindrome dell’impostore significa vivere nel timore di essere smascherate da un momento all’altro, essere certe che i nostri successi non dipendano da noi e dalle nostre capacità, bensì da elementi esterni (fortuiti o per un errore di valutazione da parte degli altri). La sensazione di fondo è di non avere meriti, nè valore, e questo genera senso di colpa per i risultati ottenuti, senso di inadeguatezza dal punto di vista professionale, delle competenze e della formazione.
In questo articolo impariamo a riconoscere la sindrome dell’impostore e a capire in che modo ci condiziona la vita, perchè la conoscenza di noi stesse è una delle armi più potenti per migliorare la nostra realtà.
L’impostore che ti tiene in trappola
Quando hai a che fare con una parte di te che si sente un’imbrogliona, la sensazione di non essere abbastanza assume la forma dell’incompetenza, della convinzione di non sapere asufficienza per essere degna anche solo del più piccolo merito.
Questo significa credere così poco nel proprio valore, da nascondersi, rimandare il momento in cui daremo alla luce i nostri progetti, privarci della soddisfazione di compiere qualcosa di importante per noi.
“Tanto cosa lo faccio a fare?!” ha esclamato un giorno Valentina, durante una sessione di coaching, per poi aggiungere: “Qualsiasi cosa io faccia, sono certa che andrà male e sarà l’ennesima dimostrazione di quanto poco io sia capace a fare il mio lavoro.”
Il tuo impostore, infatti, ti tiene intrappolata con una serie di pensieri auto giudicanti e atteggiamenti autosabotanti volti a confermare la visione di scarso valore che hai di te stessa.
Eccone alcuni:
– timore che tutti siano intenti a osservarti, a studiare ogni tua mossa per portare alla luce le tue incapacità, a giudicarti alla prima occasione,
– sensazione di vivere in un imbroglio costante di cui sei artefice ai danni degli altri, come se li avessi frodati e fossi diversa da come appari,
– senso di inadeguatezza costante rispetto alle tue capacità e alle tue competenze, mai abbastanza comprovabili nonostante i tuoi titoli di studio e le tue esperienze pregresse.
– tendenza a sminuire il tuo valore e i tuoi meriti, nonchè a minimizzare davanti a un complimento o al riconoscimento di un tuo traguardo,
– senso di colpa rispetto ai tuoi risultati e certezza di non meritare ciò che hai
– difficoltà nei momenti di valutazione e continuo confronto con gli altri (che risultano sempre migliori di te),
– fatica a riconoscere i propri successi e a ricordarne nel tempo la portata e il valore,
– resistenza a perdonarsi gli errori e ad accettare le proprie imperfezioni, per cui si prova profonda vergogna.
Sfuggire ai “NAS del talento”
Nel suo libro “Tu vali più di quel che pensi” Valerie Young, speaker internazionale, fondatrice di www.impostorsyndrome.com illustra gli atteggiamenti tipici di chi soffre di sindrome dell’impostore orientati a “sfuggire ai NAS del talento”, ovvero finalizzati a “rimanere sotto copertura” per evitare che la propria incapacità venga svelata.
1. Preparazione eccessiva e duro lavoro
Con questo atteggiamento, l’autrice non si riferisce al semplice lavorare sodo, quanto a dedicarsi ossessivamente a ogni aspetto del proprio lavoro, anche ai dettagli meno importanti, fino ad arrivare allo stacanovismo.
2. Nascondersi
Pur di non esporci, tendiamo a non applicarci e a non impegnarci perchè gli altri non si creino aspettative su noi o per non rischiare di fallire.
Meno ci esporremo, minori saranno le occasioni perchè gli altri ci possano giudicare e smascherare.
Alla base di questo atteggiamento c’è il pensiero che portare alla luce la propria vulnerabilità sia potenzialmente così doloroso da non valerne il rischio.
“Inutile provarci, tanto andrà male di sicuro e gli altri si accorgeranno di chi sono davvero.”
3. Affascinare per ottenere approvazione
Se è vero che una parte di noi ci ritiene incompetenti, ce n’è un’altra che ci considera davvero capaci.
Con l’obiettivo di attirare le persone che stimiamo, ci dimostriamo brillanti per essere considerate “intellettualmente speciali”, trascurando però la loro considerazione positiva su di noi e motivando la loro approvazione con la sola ragione che “loro sono come noi”.
Non solo, utilizziamo il senso dell’umorismo per distogliere l’attenzione dalle nostre incapacità, con la speranza che, se risulteremo simpatici e divertenti, nessuno noterà che non valiamo niente.
4. Rimandare
Rimandiamo per non correre il rischio di perdere il controllo della situazione, per evitare esperienze potenzialmente pericolose (come quella dell’errore).
Non solo: per quanto sembri paradossale, rimandiamo per avere la scusa per non poterci godere un eventuale successo e dimostrare a noi stesse di essere delle imbroglione o per ottenere un fallimento e poterci quindi confermare la scarsa visione di noi stesse.
5. Mantenere un basso profilo
Lo facciamo, ad esempio, scegliendo un lavoro che ci permette di sfuggire a supervisioni e valutazioni o, ancora, cambiare professione frequentemente per sfuggire ai radar di chi rischierebbe di “beccarci” se ci trattenessimo maggiormente.
6. Non concludere
Succede quando sappiamo che, concludendo, ci esporremmo alla possibilità di ricevere una critica e per avere una buona scusa da addurre qualora qualcuno giudicasse negativamente il nostro lavoro. In quel caso potremo dire “Non avevo finito!”.
7. Autosabotaggio
Accade quando siamo le prime a sabotare le nostre possibilità di successo, nonostante i nostri apparenti tentativi per farcela. L’autrice porta l’esempio di attori che arrivano tardi a un’audizione dopo una notte di bravate, spiegando come, se la loro prestazione sarà negativa, avranno la scusa per non essere riusciti a rendere al meglio, se invece sarà stata valida, avranno la scusa per sentirsi in colpa per aver imbrogliato.
Diventare consapevoli del proprio impostore
Valerie Young suggerisce tre domande per iniziare a prendere confidenza con il proprio impostore e ad approntare un cambiamento:
1. Cosa mi aiuta a evitare?
Per riconoscere da cosa stiamo cercando di sfuggire con i meccanismi autosabotanti che abbiamo appena visto. Stiamo cercando di evitare un rifiuto? Un’umiliazione? Un feedback negativo?
2. Da cosa mi protegge?
Per individuare da quale scoperta, evento o consapevolezza stiamo cercando di preservarci.
Può trattarsi di scoprire che avremmo potuto ottenere molto di più se ci fossimo impegnate? Stiamo cercando di proteggerci dal dolore?
3. Cosa mi aiuta a ottenere?
Per quanto possa sembrarci assurdo, c’è qualcosa che stiamo cercando di raggiungere con il nostro comportamento. Attenzione? Amore? Riconoscimento?
Rispondere a questa domanda può davvero darci la consapevolezza per capire a quale bisogno stiamo cercando di dar voce e trovare la via per soddisfarlo che funzioni davvero per noi.
Ecco, se vuoi iniziare a liberarti dell’impostore che c’è in te, parti da qui.
Se poi senti che è arrivato il momento giusto di imparare a vedere il tuo valore e a sentirti sicura di te stessa, sono qui per te.
Candidati per lavorarci su con me: ti illustrerò come potrò essere al tuo fianco per riuscirci!
Ti aspetto,
Patrizia
Ti aspetto,
Patrizia
Ph Drew Graham/Unsplash